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sab 05 nov

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Roma

Blonk - Fuorimenù

Presentazione dei quattro libri usciti nella collana "Fuorimenù" di Blonk Editore.

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Orario & Sede

05 nov 2022, 18:00

Roma, Via Panisperna, 220, 00184 Roma RM, Italia

L'evento

Il bene vegetale

di Demetrio Paolin

Demetrio Paolin è un profeta dell’Antico Testamento. Un Geremia che ha voluto scrivere un Cantico dei Cantici, un disperatamente vivo salmo su amore e morte. Dopo averla esplorata senza sconti nei romanzi, Paolin torna qui alla sua ossessione: il tema della carne, del destino e del disfacimento dei corpi (“ma ci pensiamo mai al terreno / che ci frana ogni giorno?, allo sfarsi / delle carni?”) e del tutto e del niente che siamo, del morire e del rinascere in altro, in cose, pietre, “enti”. In quel “bene vegetale” per cui – è pur sempre e sorprendentemente una silloge d’amore – tu “sei una roggia d’acqua / il fosso dove riposavo stanco da bambino”. Dalla prefazione di Mirko Volpi

H24 – Materiali per un film

di Simona Menicocci

“Il libro, sorto da un’ipotesi di film, dunque per  successione di fotogrammi, posizioni, narrazioni in voice-over. Ne deriva un somnium fisico, però colto dal vero, e tradotto in una lingua furente, che a partire da uno sforzo di unione tra corpi pensanti, si incendia e si acceca di una voluptas lucreziano-epicurea, ipernominante, in una sorta di Polifilo a rovescio, le cui architetture conoscitive conducono a una dynamis cosmica di disarmonia. La verbigerazione erotica ricalca dunque il caos e ad esso risponde, creando varchi lancinanti tra il filosofico, il biologico, il tecnico, e per questa via d’anagramma decodifica («apnea/peana») il nucleo di contrari che lega il vivente al non-vivente.” Dalla postfazione di Luigi Severi

Delle osservazioni

di Marco Giovenale

Delle osservazioni è un libro riassuntivo della modalità di Marco Giovenale che potremmo, sbrigativamente, definire postlirica – parallela o intrecciata che sia, non comunque contrapposta – alla sua produzione più immediatamente riconducibile alla cosiddetta «poesia di ricerca». Naturalmente la ricerca c’è anche qui – in questa operazione di autoantologia e in parte di riscrittura che riunisce Storia dei minuti, parte di Criterio dei vetri e qualche altro sparso membro proveniente da altri volumi. Nei termini di Giovenale, i testi raccolti in questo libro conservano un tratto di assertività (la dantesca «volontade di dire» che contrassegna la poesia lirica – ma più in generale l’arte – occidentale almeno fino alle più recenti ondate di avanguardie letterarie a artistiche, concettuali e oggettivistiche), anche se la revisione tende a limarne la perentorietà. Un tratto residuo che – mentre inibisce la modalità comica, altrove molto attiva in Giovenale – motiva alcuni caratteri salienti di questa poesia, riconducibili alla tradizione modernista: l’adorniano carattere di enigma dell’oggetto artistico; il dominio della terza persona; la costruzione del testo attraverso l’interruzione e la sottrazione (e la loro stessa promozione a tema della poesia). Non sapremmo dire se è qui c’è il Giovenale più avanzato – rispetto alla sua stessa poetica esplicita –, ma certamente c’è non poco del Giovenale migliore che molti di noi hanno apprezzato attraverso gli ultimi vent’anni. Con la prefazione di Paolo Zublena.

o!h

di Andrea Raos

«Caro giorgio / mio caproni»: condensato nel titolo tramite l’uso di una delle sue firme stilistiche, l’interiezione (potenziata dall’inclusione, dall’assorbimento dell’esclamativo), evocato e invocato in apertura di tre dei quattro movimenti del testo, richiamato da una serie di “sue” parole e da altre microcitazioni, questo fantasma di lettura serve come propiziatore e talismano per forzare l’ingresso della cripta della memoria, dove sono stoccati materiali radioattivi, e per costruire uno spazio di elaborazione che ne attenui, se non rovesci, gli effetti mortali. Nei versi brevi e di battente musicalità che scendono sulla pagina costellandone ed esaltandone il bianco, ecco allora affiorare un ricordo d’infanzia, enigmatico, magnifico e terribile; un altro ricordo, violento, doloroso, quello di una giovane donna che molti anni dopo diventerà madre; e il senso di solitudine, abbandono e scomparsa toccato a un bambino, che lo avvertirà sempre come vuoto fondativo e disintegrante insieme della sua identità. Con il quarto movimento, siglato dal segno dell’infinito matematico che Raos ha usato già altre volte, entriamo in una dimensione diversa, un «paradiso» che può essere il niente, il dopomorte, il divenire, oppure… e che approda a due luminose, baluginanti parole di poesia. Raos, uno dei migliori poeti italiani, firma una partitura per occhio, voce e silenzio che non dimenticheremo facilmente. Federico Francucci

Coordina:

Valerio Massaroni

Intervengono gli autori:

Marco Giovenale

Simona Menicocci

Demetrio Paolin 

Andrea Raos

SABATO 5 NOVEMBRE 

ORE 18

Libreria Panisperna

Via Panisperna, 220 - 00184 Roma

Ingresso libero

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