La vita distillata. Poesie dal carcere di Rebibbia

Un autore chiude la sua poesia con un verso fulmineo e significativo: «Addio/ a non so». E lascia sospeso il seguito. Ma autorizza a credere che un seguito può esserci, che lo spazio non si è mai chiuso, o almeno non del tutto. Un altro autore, forse, ci spiega a che cosa può essere rivolto, quell’addio. Perché, una volta tornato indietro da una visione che sfiorava il misticismo, scrive: «Ciò che rimane della tua divina proporzione/ è l’immagine». Immagine verbale, aggiungo. E quindi è il linguaggio che si incarica di fissare, mantenere in luce quello che sembrava perso. E che modera la disforia, il dolore, il disinganno del fine-viaggio. Che non è mai finito davvero.

— Mario Santagostinidalla prefazione di

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con disegni di Davide Rondoni

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